Sembra quindi che Karl Marx avesse ragione nel sostenere che la globalizzazione, l’intermediazione finanziaria fuori controllo e la ridistribuzione del reddito e della ricchezza dal lavoro al capitale potrebbero portare il capitalismo all’autodistruzione (la sua idea che il socialismo sarebbe stato migliore si è invece rivelata errata). Le aziende stanno tagliando posti di lavoro a causa di un’insufficiente domanda finale. Ma tagliare posti di lavoro riduce il reddito dei lavoratori, aumenta la diseguaglianza e diminuisce la domanda finale.
Le recenti manifestazioni di massa, dal Medio Oriente a Israele fino al Regno Unito, e la crescente paura in Cina – e ben presto in altre economie avanzate e nei mercati emergenti – sono tutte spinte dalle stesse problematiche e tensioni: diseguaglianza, povertà, disoccupazione e disperazione. Anche i ceti medi del mondo stanno provando le ristrettezze economiche legate alla riduzione di reddito e opportunità.
Per consentire alle economie orientate al mercato di funzionare nel modo corretto, dobbiamo ritornare al giusto equilibrio tra mercati e fornitura di beni pubblici. Ciò significa abbandonare il modello anglosassone del laissez-faire e dell’economia-vodoo e il modello dell’Europa continentale di welfare state (o Stato del benessere) spinto dal deficit. Entrambi i modelli sono risultati fallimentari.
Il giusto equilibrio richiede oggi la creazione di posti di lavoro, in parte mediante nuovi stimoli fiscali volti a incentivare le infrastrutture. Serve altresì una maggiore tassazione progressiva, maggiori stimoli fiscali nel breve periodo attraverso una disciplina fiscale nel medio e nel lungo periodo, l’appoggio di un prestatore di ultima istanza da parte delle autorità monetarie per prevenire rovinose corse agli sportelli, una riduzione del peso debitorio per le famiglie insolventi e altri agenti economici in difficoltà, nonché supervisione e regolamentazione più severe per combattere un sistema finanziario fuori controllo, mettendo fine a banche troppo grandi per fallire e a imprese oligopolistiche.
Nel tempo le economie avanzate dovranno investire in capitale umano, competenze e reti di sicurezza sociale per aumentare la produttività e consentire ai lavoratori di competere, essere flessibili e vivere bene in un’economia globalizzata. Come negli anni 30, le alternative sono stagnazione, depressione, guerre valutarie e commerciali, controlli sui capitali, crisi finanziarie, insolvenze sovrane, instabilità sociale e politica.
Copyright: Project Syndicate, 2011 www.project-syndicate.org Traduzione di Simona Polverino
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